Perchè in questa nuova prospettiva diviene chiaro anche lo sforzo di Carne come di un individuo che vuole emanciparsi e trascendere la propria natura. Come tutti gli eroi dei poemi epici tende a diventare immortale, non tanto a dimostrare, quanto a mostrare come un uomo comune possa varcare la soglia del mito, agire e guadagnarsi gloria in territori non abituali e avvicinarsi al suo Sè superiore "interno". Avvicinamento che progredisce in ragione di quanto questo Sè si contrae nelle sue forme eteroreferenziate (il Fondatore).
In effetti il problema della trascendenza in Carne e della metafisica delle trasformazioni contenute nella vicenda non è stata ancora affrontata, e direi che forse se ne avro voglia prima o poi lo tratterò. La presenza di un Fondatore latitante, apparentemente assente e distratto, che fornisce indicazioni criptiche e che impone soluzioni capricciose, è quanto mai simile alla visione che hanno del Creatore molte persone che si sono dissociate dalla catechesi pur non perdendo la dimensione spirituale.
L'ulteriore notizia della morte del Fondatore non può non stimolarci un'associazione di idee con la Morte di Dio di cui parla Nietzsche, tant'è vero che Wittgenstein neppure pensa più di argomentarci sopra, il che suona come un consenso, anche se immagino che nè Emanuele Severino ne Heidegger sarebbero d'accordo. E' una scelta obbligata, quindi, quella di affrontare il problema delle vere istanze, delle vere missioni. E' il momento terribile di Shiva il distruttore, un momento in cui occorre calare le maschere ed offrire il volto a quella parte di verità che possiamo permetterci.
E' più che mai evidente che occorre spostare l'asse del racconto da un piano epistemologico ad uno ontologico, in cui il superuomo Carne taglierà tutti i ponti alle proprie spalle per decidere alfine qual'è la sua vera natura.
IL RIFONDATORE
domenica 20 gennaio 2008
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